Santa Chiara
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXXII, fasc. 262, p. 3
Data: 3 novembre 1957
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Anche San Francesco, come sapete, volle contrarre matrimonio e scelse per consorte proprio colei, che nessuno desiderava di sposare, cioè la povertà.
Il grande poeta simbolista di Assisi sperò, forse, che gli uomini avrebbero compreso il senso paradossale e originale di quelle sue strane nozze. Sposare la povertà significa, infatti, rinunciare alle sedicenti ricchezze visibili e tangibili e perciò rendersi capaci di acquistare tutte le altre ricchezze, le ricchezze più vere, e maggiori, quelle spirituali e perciò quasi divine.
Abbandonare case e monete, terra e mercanzie, ammassi di pietra e di metalli e tutte le altre some, che gli uomini appetiscono, significa diventare capitalisti della intelligenza, miliardari dell'anima, proprietari del mondo. Lo sposo della povertà entra in possesso delle meravigliose bellezze dell'universo, delle verità sublimanti del pensiero, delle creazioni più gioiose della musica e della poesia, delle anime più sensibili, più pure, più alte, più degne di essere amate.
Fra i beni che San Francesco ricercava con maggior desiderio erano le anime e nel 1212 potè acquistarne una di tanto fulgore e splendore da figurare, forse, al primo posto in quello sterminato tesoro umano, che seppe raccogliere intorno a sè. Era l'anima giovinetta e semplicetta di Santa Chiara, che lasciò le ricchezze della famiglia e della casa a somiglianza del suo amato e fu per le donne quella maestra di rinunzia che Francesco fu per gli uomini, cioè la madre di lunghe e folte generazioni di vergini, che hanno sposato Cristo nella sua povertà e nella sua passione.
San Francesco apparve fino dai suoi tempi come una copia e ripetizione umana dell'Uomo Dio e perciò quando Santa Chiara decise di consacrarsi a Cristo lo fece attraverso colui che nella notte di Santa Maria degli Angeli le recise la chioma e ne accettò il cuore. San Francesco, d'altro canto, vide sempre più in Santa Chiara, che fino agli ultimi giorni della sua vita fu lo specchio di ogni rinuncia e miseria corporale, la personificazione della povertà da lui sposata con tanta impetuosa letizia.
Non bisogna spaventarsi delle parole. La parola amore, pur quando si tratta di uomo e di donna, non ha sempre quel senso peccaminoso, che di solito vi è associato. Santa Chiara amò San Francesco e San Francesco amò Santa Chiara e si amarono talmente, che Santa Chiara soffriva quando San Francesco non le permetteva di intrattenersi con lui e San Francesco sfuggiva talora questi incontri per non dare esca alla ignobile malignità del volgo. Ma questo amore di Chiara e di Francesco era la più sovrumana forma di amore che possa nascere fra creature umane. E' amore forte di un essere vivo, una parzialità appassionata che non distrugge gli altri affetti, ma vi campeggia in mezzo come il fulgente pianeta del mattino in mezzo alle stelle più pallide.
Non soltanto erano uno dell'altro innamorati, ma, in un certo senso, anche sposi in quanto Santa Chiara scorgeva forse in Francesco l'ombra terrestre di Cristo e San Francesco vedeva in Santa Chiara l'immagine esatta e concreta della povertà, cioè della sposa da lui scelta. Sotto il segno di queste amorose trasposizioni, i due figli di Assisi, il figlio del mercante e la figlia del nobile, si unirono con un legame così stretto e indistruttibile, che ancor oggi non possiamo fare a meno di vederli accanto e insieme come una coppia felice, che non potrà mai esser separata sotto gli archi di luce del cielo, come non la vediamo separabile fra i roveti torturosi della terra.
Neanche la morte potè separare i due santi. Santa Chiara sopravvisse ventisette anni a colui che l'aveva consegnata a Dio, ma per tutto quel tempo essa rimase obbediente alla regola assoluta della povertà, che aveva ricevuto da Francesco e non lo tradì neanche per un istante di naturale debolezza. Mentre alcuni dei frati minori dimenticavano o riformavano gli insegnamenti del loro fondatore, annacquavano la regola e tentavano di addolcire le privazioni, la forte, fragile e ferrea donna di San Damiano continuava a mortificarsi e a macerarsi nel duro letto della perfetta povertà. La sua antica bellezza era divenuta tutta luce di spirito, la sua antica ricchezza era divenuta acquisto progressivo della perfezione. Le parole di Francesco e gli ordini del Vangelo continuavano ad esser per lei l'unico linguaggio degno di esser compreso e attuato. Andavano a trovarla i grandi del mondo e perfino un Papa ai recò a visitarla; ma dinanzi ai suoi poveri occhi stanchi due sole immagini rimasero ferme e dominanti fino all'ultimo: quella di un Crocifisso, dal quale grondava il sangue divino, e quella di uno scarno mendicante, che ai piedi della Croce tendeva verso di lei le palme trafitte.
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